omelia alla veglia di pentecoste

Capua, Basilica Cattedrale

8 giugno 2019

 

 

Sono felice di salutare tutti voi, sacerdoti, diaconi, religiose, seminaristi, fedeli laici qui radunati per la celebrazione della solenne Veglia di Pentecoste, nel cinquantesimo giorno dalla Pasqua del Signore Risorto.

Carissimi fratelli, ha un significato grande il nostro convenire qui questa sera e tutte le volte che nell’anno liturgico la Comunità diocesana è chiamata a pregare col suo Vescovo. Normalmente gli appuntamenti sono tre: la S. Messa del Crisma al mattino del Giovedì Santo, la Veglia di Pentecoste e la Solennità di San Roberto Bellarmino. In queste occasioni viene impartita la benedizione papale con annessa indulgenza plenaria.

 

Attraverso l’antico simbolismo dei petali sparsi sull’assemblea – segno delle lingue di fuoco che richiamano come in moltissime icone della Pentecoste il fuoco dello Spirito disceso sugli Apostoli radunati con Maria Santissima nel cenacolo – la ricca Liturgia della Parola con le orazioni che riprendono e attualizzano per noi il prezioso messaggio del Signore, la rinnovazione delle promesse battesimali e l’intera esperienza di fede vissuta nella preghiera, ci coinvolgono donandoci la pace del cuore, l’amore per i fratelli, il coraggio di portare a quanti incontreremo il prezioso messaggio di Gesù sostenuti dalla forza dello Spirito promesso dal Signore.

Chi ha sete venga a me e beva – dice Gesù – dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva” (Cfr Gv 7,37). Giovanni lo riporta nel brano evangelico ora proclamato e poi sottolinea: “Questo disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in Lui” (v. 39). Si riceve lo Spirito per trasformarci e donarlo agli altri perché siano trasformati.

In quest’anno pastorale abbiamo riflettuto, clero e fedeli, sul verbo trasfigurare come avevamo pensato partendo dal Convegno di Firenze. Trasfigurarsi, cioè lasciarsi inondare dalla luce del Risorto per mezzo dello Spirito. Come sapete abbiamo anche contemplato il realizzarsi concreto della santità in due figure significative per la nostra Chiesa locale: il Venerabile don Donato Giannotti, fondatore delle suore Ancelle dell’Immacolata e il Venerabile padre Simpliciano, fondatore delle suore Francescane di Sacri Cuori. Colgo l’occasione ancora una volta per ricordarvi che domani, Solennità di Pentecoste, alle ore 18 nella chiesa parrocchiale di San Prisco, celebreremo l’Eucaristia a chiusura dell’inchiesta diocesana sulle virtù e la fama di santità di Madre Anna Sardiello, fondatrice delle Suore Eucaristiche di San Vincenzo Pallotti. Le conclusioni verranno consegnate alla Congregazione per le cause dei Santi in attesa – se il Signore vorrà e quando vorrà – del riconoscimento pontificio prima con la venerabilità e poi con la beatificazione e canonizzazione, come speriamo presto si giunga per i Venerabili don Donato e padre Simpliciano.

Sono figure esemplari che in modo diverso ci fanno contemplare la santità, cioè come l’uomo può essere trasfigurato dalla Grazia di Dio se gli apre il cuore. È la vocazione di ogni battezzato anche se i contesti cambiano e non sempre favoriscono la crescita della fede creando talvolta un clima di sconcerto.

Sperimentiamo oggi, ma forse lo si è sempre sperimentato anche se in modo diverso nel passato, un progressivo allontanamento dal “sentire” religioso, un ateismo pratico che sembra rendere inutile ogni predicazione.

La progressiva mancanza di incidenza nelle scelte morali della società, per noi cattolici in Italia abituati ad altro, il vivere la sindrome di una possibile situazione di minoranza possono spaventare il popolo cristiano e renderlo timoroso nell’annuncio. È una pericolosa tentazione che Gesù aveva previsto e che lo spinse a raccogliere i discepoli e dir loro: “Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno” (Lc 12, 32). Il Signore sperimenta con i suoi l’ostilità dei capi del popolo e anche la perdita della simpatia della gente che si aspettava di vedere un altro tipo di Messia considerando fallimentare l’esperienza di Gesù. Cosa propone il Signore ai discepoli? Subito dopo le confortanti parole “non temere piccolo gregge” Gesù li invita a distaccarsi dalle cose della terra non per disprezzo ma per condividerle nel bene. Riprendiamolo a casa il brano evangelico con il seguito; è il capitolo dodicesimo di Luca.

Si può essere considerati piccoli e, per la cultura dominante del pensiero unico, anche insignificanti a causa del numero di praticanti che diminuisce, per la mancanza di vocazioni sacerdotali e religiose, per la disattenzione verso il sacro che, almeno così appare, sembra non interessare più, oppure – e sarebbe bene rifletterci e tentare di attuarlo – in quanto ci si libera da comportamenti e strutture che possono appesantire, tentare di vivere l’essenziale perché, dice ancora Gesù: “dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore” (Lc 12,34).

Il piccolo gregge che resta è destinato a ricevere il Regno e propagarlo. È il seme che marcisce, il granello di senape piccolo e quasi non visibile, il lievito che scompare nella massa, la luce che potrà illuminare se viene ben collocata.

In questa visuale nessuna predicazione è inutile, nessun annuncio è scontato, nessuna testimonianza resta senza esito. Può non essere sempre evidente, ma il seme marcito germoglierà, il granello di senape crescerà, la pasta lentamente verrà lievitata, la lampada della fede illuminerà allontanando le tenebre. Non sempre ce ne accorgeremo e talvolta il nostro operare il bene potrà sembrare fatica dispersa nel vento delle contraddizioni e del rifiuto, ma dove termina il nostro compito inizia la potenza della Grazia.

Si richiede coraggio e perseveranza, ma la Parola del Signore è più forte e solida del coraggio che puoi darti e che, talvolta, non riesci a darti. La forza la sperimenti solo se ti lasci invadere dalla potenza dello Spirito Santo, il Consolatore, il Paraclito.

Questo deve essere sperimentato sempre.

Particolarmente nella Solennità di Pentecoste, nella Santa Veglia, questo grande Mistero ci viene presentato dalla Divina Liturgia perché nella fervente preghiera accogliamo lo Spirito e gli permettiamo di trasformarci come trasformò gli Apostoli.

Tutti, sacerdoti, diaconi, consacrate, fedeli laici particolarmente quanti sono impegnati in gruppi, movimenti, associazioni ecclesiali, questa sera ampiamente rappresentati, devono sentire la necessità di sperimentare il trasfigurarsi per annunciare.

Concludo lasciandovi tre punti da approfondire, tre necessità pastorali da prendere molto sul serio:

Sarà necessario soprattutto riprendere l’evangelizzazione delle famiglie e nelle famiglie. Impegniamoci per la santificazione-trasfigurazione delle nostre “piccole Chiese familiari”: luoghi di ascolto della Parola di Dio, di preghiera, di trasmissione fedele della Fede cattolica, sensibili alla voce dello Spirito, ambiti di serenità, accoglienza, educazione e rispetto vicendevole.

Sarà necessario superare la banalizzazione di una proposta pastorale che potrebbe ridursi ad assistenza sociale più che a Carità-Amore, ricevendo plausi solo per questo e producendo invece indifferenza circa i temi basilari della Fede che supera l’umana filantropia e crea il fondamentale presupposto per la vera attenzione all’altro.

Sarà necessario fare il possibile per innestare la nostra testimonianza cristiana sulle solide basi di un umanesimo che è innanzitutto rispetto per se stessi e per gli altri perché “immagini di Dio”.

In altre parole, carissimi fratelli, prima di essere buoni cristiani dobbiamo impegnarci a essere buoni cittadini, persone perbene.

Vi ricordo l’esortazione di San Pietro nella sua prima lettera ai cristiani della prima ora ma attualissima oggi per noi: “Adorate Cristo nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché, nel momento stesso in cui si parla male di voi, rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo” (1Pt 3, 15-16).

Lasciamoci guidare da Maria, Madre del Signore, Madre della Chiesa, esperta di Spirito Santo, in questo compito che il Signore ci affida, superando timori e tentazioni che ci bloccano e imparando da Lei a comprendere la volontà di Dio per noi, leggendo la Sua presenza nella nostra vita e conservando, per meditare e approfondire nel cuore, quanto lo Spirito ci suggerirà.

 

✠ Salvatore, arcivescovo