Capua, Basilica Cattedrale, 12 aprile 2020

Abbiamo cantato il ritornello al Salmo responsoriale: “Ecco il giorno che ha fatto il Signore, rallegriamoci ed esultiamo!” Lo canteremo o reciteremo come versetto al Vangelo per tutta l’Ottava di Pasqua che la Chiesa celebra come un solo giorno. L’ultima strofa del Salmo 117 che recita: “La pietra scartata dai costruttori è diventata testata d’angolo” parla di Cristo Risorto che vince la morte: è la Sua Pasqua. Rallegriamoci nel Signore!

A voi carissimi sacerdoti che concelebrate con me questa solenne, anche se solitaria Liturgia Pasquale senza il popolo, alle due suore che ci accompagnano col canto, i due seminaristi per il servizio liturgico, e voi fedeli laici che potreste essere a noi collegati sulla diretta streaming che stiamo trasmettendo dal nostro sito diocesano, l’augurio di una Santa Pasqua.

Ieri pomeriggio molti hanno assistito – in diretta televisiva – alla ostensione della Sindone, il sacro lino che ha avvolto il corpo di Gesù dopo la deposizione dalla croce e chiuso nel sepolcro nuovo di Giuseppe d’Arimatea. È il telo di cui parla il Vangelo di oggi. L’arcivescovo di Torino ha voluto questa ostensione straordinaria come occasione di preghiera per la tragica situazione sanitaria con un numero altissimo di contagiati e di morti a causa della pandemia.

Alle 20 abbiamo celebrato la Santa Veglia Pasquale nella Cattedrale deserta. Anche oggi, Giorno di Pasqua, siamo qui in preghiera e in ascolto della Parola di Dio attraverso i brani della Sacra Scrittura che proclamano la Gloria del Signore Risorto.

La prima lettura, tratta dagli Atti degli Apostoli, ci narra la testimonianza di Pietro che in casa di Cornelio vede scendere su un gruppo di pagani lo Spirito come agli Apostoli, comprende l’universalità della salvezza operata da Cristo che sta predicando ucciso sulla croce ma risuscitato il terzo giorno – è l’annuncio centrale di tutta la predicazione cristiana – e li battezza.  È quello che il giorno di Pentecoste, dopo aver ricevuto lo Spirito Santo insieme agli altri Apostoli, Pietro dice alla folla accorsa sentendo il boato del vento impetuoso ma non vedendo il fuoco dello Spirito che scende sul capo degli Apostoli riuniti in preghiera con la Vergine Maria.

Il Vangelo racconta la corsa di Pietro e Giovanni verso il sepolcro, dopo le parole di Maria di Magdala che non ha ancora avuto la visione degli angeli, né incontrato il Risorto, ma ha solo visto la pietra rotolata via. Lo riconoscerà solo dopo, quando lo incontrerà e si sentirà chiamare per nome. Pietro vede i teli e il sudario, Giovanni vede e crede: c’è bisogno della fede che nasce dall’amore per vedere pienamente compiute le profezie.

In questa Messa di Pasqua e per tutta l’Ottava seguente prima del canto dell’alleluja si canta o si recita la Sequenza Pasquale: “Alla vittima pasquale si innalzi oggi il sacrificio di lode. L’Agnello ha redento il suo gregge, l’innocente ha riconciliato noi peccatori col Padre”. Quest’antichissimo inno, probabilmente composto nell’anno Mille, mi ha sempre notevolmente segnato dentro e chi altre volte ha partecipato in Cattedrale alla Messa da me celebrata a Pasqua, ne ha certamente sentito il richiamo e la sottolineatura delle parole che annunciano la risurrezione. Il canto, nella sua versione gregoriana che oggi abbiamo insieme cantato in latino, è particolarmente suggestivo: “Dic nobis Maria, quid vidisti in via?”. È la terza strofa con la domanda ipotetica che i discepoli rivolgono a Maria Maddalena: “Dicci Maria, che hai visto sulla via?” e la sua risposta: “La tomba (vuota) del Cristo vivente, la gloria del Cristo Risorto, e gli angeli suoi testimoni, il sudario e le sue vesti”. La domanda può essere rivolta a noi oggi: “La tua fede cosa ti dice? Che sai dirmi della tua fede? Che esperienza hai veramente fatto della fede?”. Come risponderemo?

La Sequenza termina con l’invito a farsi proclamatori-testimoni della Risurrezione partendo da un’esperienza di Fede che riempia la nostra vita e ci spinga come esorta San Paolo nella seconda lettura di oggi, la lettera ai Colossesi: a “cercare le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; a rivolgere “il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra”.

Carissimi fratelli, in questi giorni difficilmente incontreremo parenti o amici per scambiarci il saluto cristiano “Buona Pasqua”, “Santa Pasqua” ma certamente, attraverso i mezzi di comunicazione, non sempre trasmettitori di belle cose – a volte anche di infamie e cattiverie – ma in questo periodo particolarmente utili per comunicare il bene, potremmo annunciare la Pasqua del Signore: “Il Signore è Risorto!” E rispondere secondo la tradizione orientale “È veramente Risorto!”.

Non stanchiamoci di chiedere al Signore Gesù di ascoltare la nostra voce, quella dei malati bloccati per la malattia negli ospedali o nelle case private. Affidiamogli anche i numerosi defunti a causa della terribile pandemia che ha colpito il mondo e chiediamogli che rivivano con Lui nella beatitudine eterna.

Ieri, alla Veglia pasquale, ho invitato a pregare in famiglia, il primo luogo dell’annuncio cristiano. Manteniamo la tradizione di benedire la mensa, anche se quest’anno senza l’acqua benedetta, affidiamo al Signore le nostre preoccupazioni e le nostre speranze.

Il capo famiglia si lasci ispirare dallo Spirito Santo e le parole nasceranno dal cuore. Santa Pasqua!

Salvatore, arcivescovo